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L’importanza della vista



Questo post ha piu' di sei mesi. Le informazioni contenute potrebbero non essere aggiornate: ultima modifica: 3.09.12

Ieri ho trovato due post abbastanza critici nei confronti di una pubblicità di abiti per bambini (questo di Massimo Melica e questo di Galatea) e sono rimasto piuttosto perplesso rispetto ad alcune affermazioni sull’importanza (e sugli effetti) che l’aspetto e la vista hanno nel processo di valutazione delle persone. Tralasciando il discorso sul buon gusto e sull’etica come sempre (sono valutazioni che ognuno di noi deve fare) vorrei analizzare e riassumere l’importanza della vista e dell’aspetto negli esseri umani. Siccome il tema è affascinate, non ho affrontato il tema da solo ma con la mia fidanzata: io mi sono occupato più della parte legata alla persuasione e lei da etologa più degli aspetti evolutivi.

Vista e persuasione

La vista influenza le nostre scelte e le nostre valutazioni più di quanto vorremmo (o di quanto crediamo). I nostri giudizi sugli oggetti ad esempio sono profondamente influenzati dal design 1: se un oggetto è bello siamo più tolleranti nei confronti degli errori e tendiamo ad attribuirgli delle qualità migliori a livello di funzionamento. Questo vale anche per le interfacce e per i siti: il look and feel è il primo indicatore che utilizziamo per valutare la qualità e l’affidabilità di una pagina web 2. Anche negli studi di Fogg a Stanford sulla credibilità dei siti ritroviamo queste considerazioni 3.

Questo tipo di valutazioni però non riguarda solamente gli oggetti, ma la bellezza influenza anche l’idea che abbiamo delle persone. Questa idea non è particolarmente nuova: il fatto di mettere sullo stesso piano estetica ed etica è presente già nell’antica Grecia con il concetto kalòs kagahathòs (crasi di kalòs kai agathòs, letteralmente bello e giusto). Ovviamente si potrebbe obiettare che i concetti elaborati di Platone non sono esattamente scientifici, ma esistono degli studi sull’influenza delle persone sui nostri giudizi? Moltissimi.

La relazione tra persuasione e della vista è analizzato in maniera approfondita da Robert B. Cialdini in uno dei testi fondamentali sul tema 4: troviamo infatti continui riferimenti all’aspetto soprattutto in relazione agli elementi di simpatia e autorità 5 e se andiamo a prendere un po’ di testi scientifici troviamo dei risultati interessanti 6 :

  • Efran e Patterson 1976: I candidati di bell’aspetto erano stati votati due volte e mezzo più di quelli meno attraenti
  • Benson, Karabanic e Lerner 1970: Individui fisicamente attraenti hanno migliore probabilità di ottenere aiuto in caso di bisogno
  • Kulka e Kessler 1978: Indipendentemente dal sesso, a parità di crimine un imputato bello riceveva un indennizzo maggiore rispetto ad uno poco attraente
  • Makey e Rainei 1990: Il bell’aspetto dei candidati contava più dei titoli di studio o dell’esperienza lavorativa ai fini di un esito favorevole nei colloqui d’assunzione
  • Eagly et. al. 1990: Gli insegnanti tendono a supporre un migliore livello d’intelligenza nei bambini più attraenti e gli adulti danno un giudizio meno negativo degli atti d’aggressione.

La vista quindi sfrutta l’effetto alone 7 e influenza in maniera importante il nostro giudizio non solo sugli oggetti, ma anche sulle persone. Ma è una tendenza universale o riguarda solo alcune persone o culture?

Una delle prime cosa da dire è che siamo tutti influenzati e persuasi da alcuni elementi, ma non ce ne rendiamo conto. Quante volte sentiamo la frase “gli altri vengono influenzati da questo trucco, ma io no, io sono diverso”? Si tratta di un fenomeno noto, l’effetto terza persona 8 Si tende a dire che tutti gli altri sono influenzati da alcuni elementi mentre noi ne siamo immuni. Purtroppo non è così: le persone vengono influenzate più profondamente di quanto non credano 9

Questi elementi infatti agiscono su processi inconsci che avvengono in tutte le persone e vengono sfruttati da diversi soggetti. Ad esempio questa vulnerabilità, questo bias cognitivo, viene sfruttata dagli ingegneri sociali per ottenere informazioni 10 o dai pubblicitari per incentivare l’acquisto di un determinato bene o prodotto come nel caso citato all’inizio. Ad esempio la Campbell ha modificato il packaging delle sue confezioni utilizzando delle tecniche di neuromarketing e il numero di aziende e compagnie che sfruttano queste conoscenze è in aumento 11.

Il fatto è che questi meccanismi non agiscono sulla componente razionale, ma su quella emotiva o istintiva sulla quale non abbiamo controllo. Pensare che il nostro cervello sia diverso da quello di un sapiens di 200.000 anni fa è una piacevole illusione: i tempi evolutivi sono molto lunghi e la tendenza della natura non è quella di rimpiazzare componenti, ma di “costruire” sopra le strutture pre-esistenti. È uno dei problemi del darwinismo digitale: la velocità con cui cambiano le tecnologie e la società sono molto più rapide dell’evoluzione della specie. Una delle componenti del nostro cervello, la corteccia orbitofrontale (OFC), integra le emozioni viscerali nel processo decisionale: mette in contatto quanto emerge dal cervello primitivo con il flusso di pensiero cosciente 12. Le componenti emotive e istintive influenzano quindi tutti gli esseri umani, non si tratta di caratteristiche Italiane o Americane: se la bellezza è un fattore culturale è istintivo la parola all’esperta.

L’uso dell’istinto per valutare oggetti e ambienti è una strategia che è stata selezionata dall’evoluzione per riuscire a vivere in un ambiente sempre più complesso: si tratta infatti di scorciatoie mentali che abbiamo sviluppato per non rimanere paralizzati nell’indecisione. Tuttavia questi espedienti affinati nel corso di milioni di anni per garantire la nostra sopravvivenza non sono pensati per un ambiente così ricco di informazioni:  in un ambiente dove l’information overload è la norma la corteccia prefrontale entra in crisi e di conseguenza ci appoggiamo alle scorciatoie mentali e istintive più di quanto non facessero i nostri predecessori 13.

Conclusioni

Il fatto che l’aspetto e i vestiti influenzino il nostro giudizio è innegabile e non dipende né dalla cultura né da un processo volontario: è un meccanismo inconscio al quale dobbiamo stare attenti. Negare l’esistenza di questo fenomeno è particolarmente pericoloso perché possiamo difenderci solamente da quello che conosciamo: se ci convinciamo che l’aspetto non è importante smetteremo di prestare attenzione ad esso e subiremo la sua persuasione in maniera più intensa.

È forse brutto da dire, ma veniamo valutati anche per il nostro aspetto: ovviamente non è l’unico parametro che utilizziamo, ma se non stiamo attenti rischiamo di vedere tutte le nostre valutazioni influenzate da questo elemento. Se la pubblicità citata all’inizio del post sia poco bella, etica, morale è una valutazione che ognuno di noi deve fare, mentre sul potere persuasivo e sull’influenza che l’aspetto ha su di noi c’è poco da discutere.

  • Un bambino bello ed elegante è percepito come più intelligente? Sì, in maniera inconscia.
  • È una cosa giusta? No.
  • Dipende da un fattore culturale? No, si tratta di elementi istintivi sui quali non abbiamo controllo, la bellezza poi ha dei canoni universali.
  • È legato a una marca specifica di vestiti? No, vale con tutti i prodotti.
  • Un bambino bello ed elegante è effettivamente più intelligente? No.
  • L’aspetto l’unico fattore di cui si tiene conto? No, ma tende a influenzare molto la nostra percezione e i nostri giudizi e per questo bisogna essere molto attenti a sottovalutarne l’importanza.

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Note:

  1. Donald A. Norman, Emotional Design, Apogeo 2004
  2. http://www.theteamw.com/2011/03/06/100-things-you-should-know-about-people-73-1st-screening-about-trusting-a-website-is-based-on-the-look-and-feel-2/
  3. Le armi della persuasione, saggi giunti 2011
  4. Cialdini identifica sei principali armi di persuasione: Reciprocità, Impegno e Coerenza, Riprova Sociale, Simpatia, Autorità, Scarsità
  5. ovviamente il numero di ricerche su questo tema è sconfinato, ho citato solo i casi che conosco meglio
  6. In psicologia sociale si usa questo termina per indicare quando una singola caratteristica di una persona domina la percezione che gli altri hanno di lei, anche riguardo ad altri aspetti
  7. un approfondimento di questo tema si trova nel cap. 99 di Weinschenk Susan M., 100 cose che ogni designer dovrebbe sapere sulle persone, Pearson 2011
  8. su queste argomento è illuminante lo Studio di Bargh 1996
  9. Kevin D. Mitnick, l’arte dell’inganno, Feltrinelli, 2011
  10. ci sono diversi studi sul tema e uno dei libri che analizza meglio le strategie di neuromarketing applicate al punto vendita è quello di Lugli, Neuroshopping, Apogeo, 2009 mentre uno dei primi libri sul tema è di Lindstorm, Neuromarketing, Apogeo 2009
  11. questo aspetto è ben documentato dagli studi di A. Damasio, l’errore di cartesio, Adelphi, 2011 e da Lehrer 2006
  12. non è un segreto che l’eccesso di informazioni generi indecisione e diminuisca l’attenzione. Ci sono diversi studi sul tema, i più famosi sono quelli di Herbert A. Simon sulla bounded rationality (con il quale ha vinto il nobel) e di Miller del 1956 e di Schwarz del 2004 The paradox of choiche. di  uno dei miei articoli preferiti è questo o lo studio di Gigerenzer sui campioni  
12 replies
  1. Galatea Vaglio
    Galatea Vaglio says:

    Vedi, caro Piero, come ho cercato di spiegarti attraverso il nostro dialogo su Twitter, il tuo ragionamento nella ultima parte ha alcuni salti logici ingiustificati. Ti stupirà scoprire che anche noi poveri insegnanti ci aggiorniamo, per cui la prima parte del tuo articolo non mi dice nulla di nuovo.
    Quando tu dici che relazionarsi in modo più cortese con I belli è istintivo, può essere anche vero, ma dimentichi che tu stesso poi citi il principio della kaloskathagathia greca, dimostrando che, pure su un istinto naturale, la nostra civiltà, fin dai tempi di Platone (in realtà un po' prima) ha elaborato su questo un concetto filosofico culturale che giustifica pertanto, ai nostri occhi di occidentali, l'abbandonarsi all'istinto. Infatti non dimentichiamo che quando si tratta di esseri umani, la decisione razionale di secondare l'istinto è spesso facilitata o resa socialmente accettabile dall'idea che tale istinto sia considerato legittimo nella società di cui siamo membri.
    Al netto di questo, c'è poi il problema non the poco del tuo salto logico ingiustificato fra "bello" e "elegante".
    Se anche gli insegnanti, così come I giurati, possano essere influenzati positivamente dalla bellezza, non dimentichiamo che la "bellezza" è una qualità in qualche modo connaturata all'individuo stesso, non legata a ciò che indossa (CI sarebbe poi the aggiungere che in realtà anche la bellezza è riconosciuta in base a stereotipi culturali, basti pensare che per I Greci, per esempio, gli occhi azzurri non erano considerati "belli" ma inquietanti, per esempio).
    Non ci sono affatto studi che dimostrino invece che il vestire abiti più o meno considerati "eleganti" predisponga favorevolmente una giuria; primo perché io posso anche essere "vestito bene" ed essere comunque considerato "brutto", dal momento che la bellezza è legata solo all'aspetto fisico, e secondo perché I criteri estetici con cui una cosa viene considerata "elegante" variano molto all'interno del gruppo sociale, dell'età e del back ground culturale degli individui. Una giuria, per esempio, formata the giovani che apprezzano Lady Gaga o un professore appassionato di pop potrebbero giudicare vestito elegante, per esempio, un alunno che altri giurati con back ground differente o un professore più tradizionalista giudicherebbero assolutamente vestito male. E siccome la composizione delle giurie è varia e anche quella del corpo insegnante, chi dia per scontato che un alunno vestito "elegante" secondo un concetto piuttosto tradizionale (cioè quello secondo cui si è elegante indossando capi di firma) commette una indebita inferenza, cioè, in pratica, come direbbe Aristotele, si basa su un sillogismo zoppo.
    Insomma una giuria o un professore può tranquillamente, secondo questi studi, essere portata/o ad essere più benevolo con un "bello" per un istinto "naturale", ma non vi è prova che il vedere qualcuno vestito in maniera "elegante" (che poi nel caso speccifico significava "vestito di Gucci") scateni reazioni analoghe. Per tanto il tuo ragionamento, per quanto ti parta the tesi dimostrate, non è assolutamente né inerente né applicabile al caso specifico (la pubblicità di Gucci) the cui siamo partiti a discutere.
    Ciao.

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  2. Piero Tagliapietra
    Piero Tagliapietra says:

    Sulla bellezza culturale ti rimando al post "biologico", sul tema dei vestiti non pensavo ci fossero dubbi sul fatto che fosse la somma di qualità fisiche ed abiti: anche su questo punto ci sono degli universali, mi spiace ma i tuoi esempi sono fallaci 🙂

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  3. Galatea Vaglio
    Galatea Vaglio says:

    "Non pensavo ci fossero dei dubbi". Non è una risposta molto "scientifica, Piero. O tu parti da definizioni precise e condivise o ti conviene non arrischiarti a fare "filosofia". Quindi ora definisci precisamente cosa intendi per "eleganza"? Pensi di essere in grado di elencare una serie di caratteristiche che siano universalmente condivise (intendo da dire da ogni gruppo sociale umano? ti dispiace elencarli, per favore e fare degli esempi? grazie.

    Reply
  4. Piero Tagliapietra
    Piero Tagliapietra says:

    Eleganza: che ha un certo pregio estetico, armoniosità (più o meno quello che si trova sui dizionari). Non pensavo ci fossero dubbi anche perché il naturismo è una pratica poco diffusa in città e negli uffici: quindi era lapalissiano che fossero inclusi i vestiti (dato che a quanto pare non è così ho aggiunto in conclusioni un riferimento al fatto che aspetto è composto da vestiti + qualità fisiche).
    Sulle caratteristiche di armoniosità e pregio estetico ad esempio abbiamo simmetria e ordine come universali (come scritto nell'altro post e come specificato in questo non dipende da una marca): sarei curioso però di qualche elemento che prova che aspetto e vestiti non influenzano e non esistono gli universali.
    Ci sono ricerche che contestano quanto scritto da me?

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  5. Stepo Il Matematico Vegetariano
    Stepo Il Matematico Vegetariano says:

    Se posso intromettermi aggiungo che proprio perché il concetto di eleganza è un concetto fortemente legato al gruppo di appartenenza che si pongono i problemi maggiori.
    In particolare nella nostra società è il tipico marchio di riconoscimento della propria classe sociale (o di quella a cui si aspira).
    Quindi presupporre che vestirsi Gucci porti vantaggi nel giudizio presuppone, ad esempio, che la scuola sia composta prevalentemente da persone che ritengono migliori gli studenti della classe medio alta.
    Ne consegue che la pubblicità stabilisce come cornice, e quindi propaganda, un'idea che è lesiva dell'immagine della scuola (come definita dal nostro patto sociale) proprio perché la descrive come classista.

    Reply
  6. Piero Tagliapietra
    Piero Tagliapietra says:

    Sembra che FB si sia perso il messaggio (in caso di duplicazione lo elimino). Ho evitato volutamente il riferimento a qualunque marchio: un bambino con un aspetto bello ed elegante viene valutato meglio di uno con i vestiti lisi e in disordine. Se facessimo anche delle valutazioni sui gruppi e le classi andremmo in campo sociologico, un tema interessante ma che richiede una trattazione a sé 🙂
    L'influenza dell'aspetto è il motivo per cui sono a favore delle divise nelle scuole: si riduce l'influenza dell'aspetto sulla valutazione.
    Sul classista apro solo una piccola parentesi: le persone valutano diversamente a seconda dell'aspetto? Sì, ma non dipende da un fattore culturale. Si lega molto alle discussioni sul concetto di simile dell'etologia nella formazione del gruppo e al concetto di alterità antropologica 🙂

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  7. Giuliana Maria Dea
    Giuliana Maria Dea says:

    Non so che scuole hai frequentato tu, Piero Tagliapietra. Nella mia non venivamo valutati in base ai nostri vestiti ma in base alla capacità di apprendimento e di utilizzo dell'apprendimento. Perlomeno dagli insegnanti. In caso contrario io avrei dovuto avere voti pessimi per tutta la durata delle scuole medie anziché i voti che mi ritrovavo e un pessimo giudizio finale. Non andò così. Gli unici a valutarmi in modo pessimo perché non avevo vestiti appropriati furono i compagni di merende. E per l'esperienza che ho di insegnanti, nessuna di quelle che conosco permette all'eleganza del bambino di offuscare il suo giudizio sugli allievi. Valutano ben altro. Però mi preoccupo, se a stabilire che la valutazione degli allievi sia condizionata dalla loro eleganza sono quelli che potrebbero essere genitori. Ma mi preoccupo per il tipo di valore che instilleranno nei loro figli. Da un'educazione simile si arriverà di sicuro a figli che un giorno insegneranno e che saranno più propensi a dare buoni voti a chi rispecchia uno stile approvato dai migliori marchi. Però spero che per quel giorno la specie umana sia estinta.

    Reply
  8. Piero Tagliapietra
    Piero Tagliapietra says:

    Giuliana i meccanismi che ho descritto non si applicano a una scuola piuttosto che ad un'altra, ma sono meccanismi propri di ogni essere umano (e secondo la tua speranza a questo punto dovremmo estinguerci tutti).
    Come è ribadito nelle conclusioni l'aspetto non è l'unico elemento, ma influenza in maniera importante il giudizio e per questo bisogna fare attenzione.
    Sapendo che l'aspetto influenza in maniera inconscia posso ridurre fare attenzione (per quanto possibile) a non lasciarmi andare a giudizi immediati, una cosa possibile solo in certe situazioni (dove il carico cognitivo è limitato).

    Reply
  9. Galatea Vaglio
    Galatea Vaglio says:

    Scusa, Piero, io continuo a non capire: "Che ha un certo pregio estetico" è una definizione molto vaga, e rimane correlata al gusto specifico dell'individuo e alle convenzioni della cultura in cui è inserito, o addirittura alla moda del momento. Quindi, ripeto; spiegami meglio: puoi farmi un esempio di cosa che viene considerata da tutti gli esseri umani, senza alcuna eccezione, "elegante"? (Sei tu che sostieni questa tesi, quindi spiegamela meglio, perché io sono una limitata prof delle medie, così non capisco)

    Reply
  10. Piero Tagliapietra
    Piero Tagliapietra says:

    Lo sai che non sei una limitata prof delle medie (non giocare): copio e incollo nuovamente quanto scritto nel commento sopra
    "Sulle caratteristiche di armoniosità e pregio estetico ad esempio abbiamo simmetria e ordine come universali (come scritto nell'altro post e come specificato in questo non dipende da una marca)"

    Reply
  11. Giacomo Cariello
    Giacomo Cariello says:

    Dai tempi di Socrate l'uomo s'interroga sull'impossibilità di dare una definizione esaustiva del concetto di bellezza e mo' Galatea pretende che in quattro e quattr'otto diamo una definizione universale di eleganza?
    L'eleganza è un concetto in perenne evoluzione, ma nella distribuzione normale delle varie sensibilità è possibile identificare un mainstream (almeno μ±σ) che riconoscerà, in un determinato momento, i soggetti più eleganti di un gruppo. La generalizzazione non nasce dall'unanimità (non tutti gli insegnanti hanno il medesimo concetto di eleganza), ma dal fatto che sia possibile identificare un trend (viviamo in una società che ha dei canoni identificabili valutando ex-post il mercato di riferimento in un determinato periodo).

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