Io odio il populismo: Feltri, Brunetta, Brambilla, Berlsuconi



Questo post ha piu' di sei mesi. Le informazioni contenute potrebbero non essere aggiornate: ultima modifica: 27.05.12

Ciò che mi irrita maggiormente sono le false dichiarazioni, parole vuote che non si traducono in nulla. Gesso sulla lavagna e fumo negli occhi: questo è per me il populismo; un’attività che piace non solo ai politici, ma soprattutto agli elettori, dai tempi di Socrate più disposti ad accettare i dolci da un pasticcere che le amare medicine da un medico: poco importa se sono solo i medicamenti a curare il paziente.

L’ultima proposta di Feltri è un esempio lampante di questa pratica così fastidiosa: l’invito a non pagare il canone rai in quanto tassa per pagare Santoro e agli altri programmi comunisti. Egli mente sapendo di mentire: il direttore di un giornale dovrebbe sapere che il canone non è legato alla fruizione dei programmi rai, ma è una tassa sul possesso di un apparecchio televisivo ( non affermare che il canone è una sorta di tassa di possesso dell’apparecchio “). Oltretutto s’invita a disdire il canone affermando che non sarà possibile che vengano effettuati i controlli, quindi si potrà continuare a guardare la televisione non pagando le tasse.

Quello che sfugge è il significato profondo di questo balzello. Questa tassa permette alla rai di operare scelte di trasmissione che non potrebbero vedere la luce su una televisione commerciale: il pubblico può operare in perdita ed al servizio della comunità, il privato persegue giustamente il profitto e, se una trasmissione è utile, ma non genera ascolti, giustamente viene cassata.

Se siamo contrari ai soldi pubblici mi chiedo dove sia la crociata contro i finanziamenti ai giornali. O forse i soldi pubblici fanno comodo dato che i soli proventi dalle vendite non coprono le spese?

Altro caso è il ministro Brunetta, di cui condivido le idee sulla meritocrazie e sul limitare la piaga dell’assenteismo, ma che alla fine non è riuscito a concludere nulla, se non far parlare di se in molti e discutibili modi. Le sue famose norme “anti-fannulloni” sono finite con un nulla di fatto, abolite il 1 luglio: potete verificarlo voi stessi, andando qui e leggere l’articolo 17 comma 23.
Oppure le dichiarazioni del ministro Brambilla sul Corriere di oggi, dove afferma che criticare Berlusconi fa male al turismo , che si dimentica, a parer mio, come il problema del turismo italiano derivi da altri tre elementi:

  • qualità dei servizi: non sono le bibite, i giochi in spiaggia e gli alberghi, ma possibilità di connessione gratuita, portali internet delle strutture costruiti secondo le linee guida dell’usabilita, facilità nel reperire le informazioni. Se il prodotto è scarso anche con la migliore pubblicità non porterà a risultati; “briglie d’oro non rendono migliore il cavallo” diceva Seneca;
  • qualità del portale italiano nel fornire informazioni: italia.it è ben costruito, ma non tiene conto delle recenti ricerche che affermano come gli utenti non utilizzino i portali istituzionali per programmare le proprie vacanze, ma utilizzino blog e SN per avere informazioni su servizi ed alberghi. Costruire un portale che non permette di condividere, in quanto protetto do copyright, e che non permette i commenti è una bella borchure che viene sfogliata e gettata dopo 15 secondi;
  • la pubblicità del paese e l’immagine che ne si ha è data dai comportamenti pubblici del presidente del consiglio, non dagli articoli che in Italia si scrivono su di lui.

Per concludere le affermazioni del Presidente del Consiglio, che alla festa di della Libertà ha detto come “oggi non c’è nessuno che avendo perso il posto di lavoro sia lasciato solo dallo stato” mentre i dati parlano di come sia solo un disoccupato su cinque a ricevere sussidi.

 

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