Birre rosa e finestre rotte



Questo post ha piu' di sei mesi. Le informazioni contenute potrebbero non essere aggiornate: ultima modifica: 26.03.14

Siamo nel 2014, abbiamo già visto esperienze e gli esiti: dovrebbe essere evidente a chiunque si occupi di Social Media e attività con UGC (User Generated Content)  vanno moderate ex-ante no? A quanto pare no e l’esperienza Ceres Soft Ale dell’altro giorno è la prova. Ma da cosa dipende? Perché bisogna moderare? Non parliamo di fail (sul quale è necessario una discussione specifica perché non è affatto banale), ma solo sull’importanza della moderazione in questi casi.

Cosa è successo

Se ve lo siete perso l’altro giorno, con un conto alla rovescia in scadenza il primo aprile, Ceres ha chiesto alle persone di dare il benvenuto alla sua nuova soft ale. Le persone quindi potevano scrivere quello che volevano:  niente filtri, niente moderazione. Dopo alcune ore la bacheca era piena di insulti, bestemmie, incitamenti all’odio, razzismo e molto altro. La sera la bacheca è stata ripulita (più o meno) e non è più possibile postare nuovi messaggi di benvenuto.

Questo è solo un esempio di messaggi ancora presenti oggi per farsi un’idea (quelli di ieri erano peggio).

benvenuta soft ale ceres

Perché è necessaria la moderazione?

In parte lo ha già spiegato bene Paolo Iabichino in questo post: se andiamo a guardare la storia ci sono gli esperimenti di Zimbardo che raccontano e illustrano bene come il comprtamento del gruppo tenda a deresponsabilizzare il singolo. Sempre dello stesso periodo ci sono anche gli studi di Milgram ma vorrei andare oltre e parlare di altri due elementi chiave per capire perché la moderazione è necessaria: la teoria della finestra rotta e le riprova sociale.

La teoria della finestra rotta

Le teoria della finestra rotta (o broken window)  è estremamente semplice e significativa. Per illustrarla chiaramente riprendo una pagina 1 dal libro di Malcom Gladwell, Il punto critico  2,

[…]<<la teoria delle finestre rotte>> frutto dell’ingegno dei criminologi James Q. Wilson e George Kelling. I due sostenevano che la criminalità è l’inevitabile risultato del disordine: se una finestra è rotta e non viene riparata, chi passa davanti concluderà che nessuno se ne preoccupa e che nessuno ha la responsabilità di provvedere. Ben presto ne verrano rotte molte altre e la sensazione di anarchia si diffonderà da quell’edificio alla via su cui si affaccia, dando il segnale che tutto è possibile. In una città, problemi di minore importanza, come i graffiti, il disordine pubblico e la mendicità aggressiva, a quanto scrivono i due studiosi, sono l’equivalente delle finestre rotte per i crimini più gravi

[…]

Questa è una teoria epidemica della criminalità. Afferma che la criminalità è un fenomeno contagioso, come è contagiosa una tendenza della moda, che può iniziare con una finestra rotta e diffondersi a un’intera comunità.

Se lasci le persone libere di pubblicare sulla tua bacheca o sul tuo post messaggi offensivi (anche di lieve entità) arriveranno sempre più persone che si spingeranno oltre e renderanno quello spazio invivibile. I primi messaggi con offese (anche leggere) sono le finestre rotte che portano all’incremento degli insulti 3 per cui la moderazione è necessaria.

La riprova sociale

Un ulteriore elemento fondamentale è il concetto di riprova sociale di Robert Cialdini 4: la riprova sociale (o imitazione) è uno dei sei pilastri della persuasione (gli altri cinque sono coerenza-impegno, autorità, reciprocità, simpatia e scarsità).

Anche in questo caso, come per Gladwell, vediamo un estratto da Le armi della persuasione 5

[…]il principio della riprova sociale. In poche parole, secondo tale principio, uno dei mezzi che usiamo per decidere che cos’è giusto è cercar di scoprire che cosa gli altri considerano giusto. Il principio vale specialmente per determinare qual è il comportamento corretto da tenere in una data situazione

[…] Il principio di riprova sociale agisce con la massima efficacia quando osserviamo il comportamento di persone come noi. È la condotta di queste persone che ci chiarisce meglio quale sia il comportamento giusto per noi.

Quando non sappiamo cosa fare, come comportarci, cosa facciamo? Guardiamo gli altri e li imitiamo (è una soluzione che si è sviluppata nel corso dell’evoluzione). Se le persone postano insulti (e io sono come loro o mi sento tale) farò lo stesso. Questo ci porta anche a considerare un altro aspetto fondamentale, ovvero come porsi nei confronti del prodotto e come percepirlo correttamente.

Se tutti dicono che il prodotto fa schifo, per la riprova sociale, anche io dirò lo stesso e percepirò come dissonanti quei messaggi che affermano il contrario (i messaggi negativi formano quindi una cornice di senso per interpretare i prodotti e i brand in questo caso). Ovviamente ci sono anche altri aspetti che entrano in gioco, ma per semplicità illustriamo il tutto con un esempio concreto: ser tutti parlano male di un prodotto e trovo una recensione con 5 stelle entusiasta, la considero come vera o penso subito al fake account aziendale che prova a mitigare le recensioni negative?

Vi siete già risposti.

Lasciare le persone libere di indicare il corretto modo di porsi verso un prodotto (specialmente se nuovo) è estremamente rischioso e mostra agli altri il corretto modo comportarsi. Non è il caso che il corretto modo e l’interpretazione dominante siano il turpiloquio o gli insulti.

Moderare, moderare, moderare

Le persone spesso se lasciate libere di pubblicare quello che vogliono, se vedono che è possibile comportarsi in maniera negativa e se già qualcuno lo sta facendo tenderanno a farlo. Questo comportamento non sparirà domani né dopodomani e di conseguenza è necessario prevenire questi fenomeni quando si ha a che fare con iniziative che vogliano coinvolgere gli utenti. In alternativa possiamo aspettare 150.000 anni (i tempi dell’evoluzione sono questi).

Vale per i siti, vale per le pagine Facebook, vale per gli altri presidi. Dopotutto si tratta sempre di oggetti che influenzano la corporate image (ma di questo parleremo più avanti).

Featured image: Photo by Adele Claire – http://flic.kr/p/7PPbzT

 

Note:

  1. p. 162, Malcom Gladwell, Il punto critico. I grandi effetti dei piccoli cambiamenti, Bur Scienza 2011
  2. uno dei testi più interessanti per chi vuole studiare e capire il concetto e il ruolo degli influencer: Il punto critico è infatti stato spesso usato, a mio avviso in maniera impropria, per definire gli influencer. Il libro esprime chiaramente il concetto che poi è stato stravolto nella pratica
  3. Volendo si potrebbe estendere questo concetto in maniera più ampia anche ad altri comportamenti in rete: fino a quando tollereremo gli insulti e comportamenti verbalmente violenti, non potremo sorprenderci se questa spirale negativa continuerà a crescere. Non so se ci sono già studi in questo senso
  4. Anche in questo caso i libri di Cialdini, come quelli di Gladwell dovrebbero essere nelle librerie di chi si occupa di Marketing, Growth Hacking,  di Social Media e di Sicurezza, in particolar modo di Social Engineering
  5. Pos. 1799, 2095 Robert Cialdini,  Le armi della persuasione,  Saggi Giunti, Kindle edition
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