Policy, PA e codici di comportamento: quando spariscono i confini



Questo post ha piu' di sei mesi. Le informazioni contenute potrebbero non essere aggiornate: ultima modifica: 24.02.14

Ci sono un po’ di discussioni a seguito della notizia del regolamento del comune di Parma che “impedirebbe” ai dipendenti di criticare l’operato del comune su Facebook.  Sinceramente faccio fatica a comprendere le valutazioni negative che leggo: si tratta infatti di un provvedimento da un lato dovuto e dall’altro necessario per tutelare i dipendenti. Ma andiamo con ordine.

Il codice di comportamento

Nel caso ve lo siate perso, l’anno scorso (precisamente il 19/6/2013) è entrato in vigore il DPR 62/2013 1:

Regolamento recante codice di comportamento dei dipendenti pubblici, a norma dell’articolo 54 del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165.

Un codice di comportamento che in estrema sintesi ha i seguenti punti

  • Il dipendente osserva la Costituzione, servendo la Nazione con disciplina ed onore e conformando la propria condotta ai principi di buon andamento e imparzialità dell’azione amministrativa. Il dipendente svolge i propri compiti nel rispetto della legge, perseguendo l’interesse pubblico senza abusare della posizione o dei poteri di cui è titolare.
  • è tenuto a rispettare i principi di integrità, correttezza, buona fede, proporzionalità, obiettività, trasparenza, equità e ragionevolezza e ad agire in posizione di indipendenza e imparzialità, astenendosi in caso di conflitto di interessi;
  • non usa a fini privati le informazioni di cui dispone per ragioni di ufficio, ed evita comportamenti che possano nuocere agli interessi o all’immagine della pubblica amministrazione;
  • orienta l’azione amministrativa alla massima economicità, efficienza ed efficacia, in una logica di contenimento dei costi, che non pregiudichi la qualità dei risultati;
  • nei rapporti con i destinatari dell’azione amministrativa, assicura la piena parità di trattamento a parità di condizioni, astenendosi da azioni arbitrarie che comportino discriminazioni di qualsiasi tipo.

Si tratta di un buon provvedimento che rende (o che dovrebbe rendere) più trasparente ed efficiente la PA. Per cui quanto accade a Parma non è niente di particolare (applicano il codice). Diciamo che in più hanno specificato che le norme si applicano anche ai Social Media (in teoria sarebbe ovvio: è vietato criticare ovunque quindi rientrano anche i Social Network nella definizione, però, visto il livello medio di alfabetizzazione è a mio avviso una specifica ragionevole).

Tuttavia ci sono alcune critiche perché il provvedimento parla anche di applicazione “al di fuori dell’orario lavorativo”.

La commistione tra lavorativo e privato

Di solito parliamo di quanto siano belli i Social Media, di quanto semplifichino la vita lavorativa e di quante siano le opportunità da cogliere con questi favolosi strumenti. Peccato che con tutti gli aspetti positivi ci siano anche delle “piccole” problematiche.

I Social Network sono strumenti che le persone usano nella loro vita privata corretto? Poi però fanno amicizia con i colleghi all’interno della piattaforma, interagiscono con clienti e fornitori, rivelano informazioni lavorative, si identificano come dipendenti, usano questi strumenti durante l’orario d’ufficio e dalla postazione di lavoro 2.

Sono ancora strumenti personali a questo punto?

Anche se non lo fossero, la percezione degli altri quale sarebbe?

Le persone, i miei amici, sono in grado di distinguere quando parlo sotto il cappello lavorativo e quando sotto quello personale? No.

Con la scomparsa del confine tra personale e lavorativo i nostri comportamenti, le nostre discussioni personali hanno un impatto molto più forte che in passato sull’ente per cui lavoriamo.

commistione privato e lavorativo

 

È un problema che affrontiamo regolarmente in ambito di sicurezza:

  • il dipendente che parla della sua postazione o condivide foto su instagram della sala riunioni o del badge
  • l’amministratore delegato che insulta un concorrente sulla sua pagina  (231/01… )
  • i colleghi che parlano male di un fornitore o che prendono per i fondelli un’altro dipendente dopo aver firmato un codice etico
  • etc.

Questo vale anche per l’immagine dell’impresa 3 che viene influenzata da tutti i discorsi indipendentemente dal fatto che avvengano durante l’orario lavorativo.

Purtroppo, la commistione tra privato e lavorativo all’interno dei Social Media è un problema che sta investendo le imprese, la PA, il mondo dei giornalisti, la politica, la scuola… insomma tutti. Cosa si può fare?

L’importanza delle policy

Adoro le policy perché sono uno strumento fantastico per proteggere le persone. Lo scopo di una policy non è infatti rendere la vita impossibile o proteggere l’impresa o l’ente (al massimo è qualcosa che avviene di riflesso): le policy servono a lavorare meglio e in maniera sicura ed evitare che le persone si facciano male con gli strumenti che hanno oggi a disposizione. Spesso non è così scontato che gli strumenti vadano usati in maniera corretta o con buon senso (come il cartello iniziale illustra chiaramente)

Sinceramente oggi c’è un po’ di confusione tra policy e linee guida, tra interno ed esterno: il tema è particolarmente complesso (ed è una delle ragioni per cui lo adoro) ed è molto delicato perché si sta andando ad intervenire (in parte) nella sfera personale dei lavoratori. Per cui è necessario il massimo tatto e la massima delicatezza (oltre che alla conoscenza).

In sintesi una policy ha alcune caratteristiche (se volete un dettaglio sulle Social Media Policy c’è un post dedicato)

  • è leggibile (documenti di 55 pagine a corpo 5 in legalese non sono policy)
  • permette di lavorare meglio (una policy che impedisce di lavorare NON è una buona policy)
  • media tra le varie istanze (una policy fatta da un solo dipartimento non funziona)
  • è personalizzata (ogni ente ha esigenze diverse: se vi propongono di copiare la policy o la SM policy scappate)
  • protegge il dipendente (ed evita che incorra in sanzione)
  • non è interpretabile (per cui non ci sono margini di fraintendimento)
  • è applicabile (un regolamento che nessuno applica non è una policy)
  • norma quello che può (e lascia il resto alle linee guida)
  • viene mantenuta (perché tutto evolve)
  • viene fatta rispettare (un regolamento senza enforcement è inutile)

Un po’ di promozione

Di questo tema e in generale di Moderazione dei Contenuti, Policy e ne parleremo mercoledì alla SMW Milano (il panel è full, ma potrete seguire la discussione  online)

Note:

  1. Il nuovo regolamento abroga e sostituisce il Decreto del Ministro della Funzione Pubblica del 28 novembre 2000
  2. I Social Media rendono più produttivi e sono fondamentali per fare Knowledge Sharing e ridurre i tempi di risoluzione dei problemi
  3. L’immagine dell’impresa, la corporate image, è un oggetto semiotico: è infatti la somma di tutti i discorsi sull’azienda – volontari e involontari. In passato l’effetto di questi discorsi sulla marca era sicuramente più limitato
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