Analytics: il valore del Bounce



Questo post ha piu' di sei mesi. Le informazioni contenute potrebbero non essere aggiornate: ultima modifica: 18.12.11

“Caspita, il bounce è elevato: le persone non rimangono sul tuo blog ma scappano subito. Probabilmente arrivano per sbaglio o pubblichi contenuti poco interessanti”.

Sento spesso questo tipo di commento e lo leggo ancor più frequentemente nei libri che trattano di analytics: la frequenza di rimbalzo è un indicatore negativo poiché, secondo alcuni, rappresenta una visita breve sul nostro sito/blog. Ma è davvero così? No, mi spiace, ma il bounce non indica le visite brevi.

Facciamo un po’ di chiarezza e prendiamo la definizione di Google Analytics: Bounce rate is the percentage of single-page visits or visits in which the person left your site from the entrance (landing) page. Nessun riferimento quindi alla visita breve o al fatto che le persone scappano: il bounce indica che le persone hanno guardato una singola pagina.

“E quanto tempo sono stati su quella pagina?” Purtroppo non è possibile saperlo: 5 secondi, 5 minuti… purtroppo questo valore non può essere definito perché vengono registrati i cambiamenti e le azioni che vengono compiute all’interno del nostro sito. Il tempo di permanenza sulle pagine viene infatti calcolato nel seguente modo (senza scendere troppo nel tecnico): mettiamo che l’utente visiti la prima pagina alle 14.03 e poi prema su un link alle 14.05 e su un terzo alle 14.09 per poi chiudere la finestra o visitare un altro sito. Normalmente, per calcolare il tempo di permanenza, i sistemi di analytics fanno la differenza tra le richieste delle varie pagine:

  • tempo sulla prima pagina: 2 minuti (14.03 – 14.05)
  • tempo sulla seconda pagina: 4 minuti (14.05 – 14.09)
  • tempo sulla terza pagina: indefinito ( 14.09 – X)

Nessuno dei sistemi di analytics che conosco è infatti in grado di  registrare quando l’utente esce dal nostro sito (non essendo possibile registrare log o tag alla chiusura della finestra o all’inserimento di un nuovo url) ed è quindi impossibile sapere quanto tempo ha passato sull’ultima pagina.

Se l’utente esce dalla landing page capite il problema: non è possibile capire quanto tempo è rimasto (al massimo so quando è arrivato, ma non quando è andato via). Definire quindi il bounce come indicatore della fuga degli utenti è sbagliato: molte persone arrivano al mio blog seguendo un link su facebook e quindi vogliono leggere unicamente a quel post, oppure cercano una determinata ricetta e non sono interessate a vedere tutto quello che ho scritto. La frequenza di rimbalzo può quindi indicare che scrivo tanti piccoli contenuti di qualità che interessano a un pubblico eterogeneo, ma analizzando un solo valore è difficile da capire.

Leggere gli analytics sembra un operazione facile: dopotutto il successo è indicato da visite e visitatori unici, no? Nulla di più sbagliato. Leggere e interpretare i dati è un operazione complessa poiché non bisogna leggere i singoli valori, ma metterli in correlazioni in modo da poter comprendere realmente se il nostro sito/blog sta raggiungendo gli obiettivi per il quale lo abbiamo creato. Ma della correlazione tra i diversi valori parleremo la prossima volta.

 

Header image: http://www.flickr.com/photos/eole/3809742516/

1 reply
  1. Roberto
    Roberto says:

    Sull'ultima frase mi trovi in perfetta sintonia.
    Durante l'ultimo Smau parlavo al nostro amico Gino della mia visione sugli ecosistemi informativi, dove il totale è superiore alla somma delle singole informazioni.

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