L’importanza della fiducia in un mondo complesso



Questo post ha piu' di sei mesi. Le informazioni contenute potrebbero non essere aggiornate: ultima modifica: 18.12.11

La complessità è un elemento necessario del mondo che ci circonda: abbiamo bisogni e necessità complesse che richiedono conoscenze specifiche (verticali) e strumenti che ci permettano di svolgere più attività contemporaneamente: è la vita ad essere complessa (e questo è uno dei sui aspetti affascinanti). Complesso non significa però complicato: c’è una bella distinzione fatta da Norman nel suo ultimo libro, “Vivere con la complessità” dove illustra come vi siano delle differenze significative tra complicato – complesso – semplice – usabile. Ad esempio la cabina di pilotaggio di un aereo, per una persona non addestrata, risulterebbe caotica e complicata mentre per un pilota la disposizione dei vari controlli è perfettamente logica e sensata.

La differenza è semiotica: se non riusciamo a dare un senso a quello che vediamo, a interpretare il modo corretto l’interfaccia, l’insieme risulterà complicato (insensato) mentre se possediamo la grammatica (le regole di interpretazione) e l’oggetto stesso riesce ad esplicitarle, riusciremo a dialogare con la complessità dandole un senso. Ad esempio la scrittura musicale: per me è complicata, per mio padre (che conosce la grammatica di quel tipo di testo) è complessa, ma al tempo stesso sensata e logica.

la complessità si risolve con la fiducia

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Dobbiamo fare i conti con la complessità non solo da un punto di vista tecnologico, ma sempre di più con una complessità informativa: abbiamo superato da tempo la possibilità di conoscere tutto del mondo (una conoscenza orizzontale) e la mole di informazioni presenti nel mondo ci costringe ad un sapere settoriale approfondito (verticale). Ovviamente essere verticali non significa conoscere un solo settore: una delle più belle metafore relative ai moderni Knowledge Worker è nel libro di Tom Kelly I Dieci Volti dell’Innovazione dove parla di Persone a T. Le “T shaped people” sono persone con una forte conoscenza verticale ma che hanno anche un mix di competenze orizzontali che permettono loro di comprendere al meglio la complessità con la quale devono interagire ogni giorno.

Il numero di persone a T è in aumento in rete o meglio, possiamo entrare a contatto con molte più persone a T: quanti di noi scrivono su forum di settore o intervengono su argomenti specifici che magari esulano dal nostro lavoro o dalle nostre competenze? (ci sono anche casi in cui le persone sono esperte di qualunque cosa: una nazione di CT, amministratori di condominio e social media expert).

Se guardiamo da vicino la T ovviamente notiamo come uno dei due bracci sia più corto: ci sarà sempre un’area forte di expertise mentre galleggeremo sulla superficie nelle altre materie. Dobbiamo però confrontarci con la complessità della conoscenza di cui parlavamo prima e questo ci pone davanti a una sfida: come possiamo fare delle scelte in campi nei quali non siamo esperti? Come possiamo affrontare migliaia di informazioni che non riusciamo a comprendere del tutto? Con la fiducia.

La fiducia è il costrutto fondante della socialità (e La Fiducia di Niklas Luman è il testo di riferimento su questo aspetto) e nella società dell’informazione gioca un ruolo fondamentale ancor più che in passato dato che ogni giorno dobbiamo affrontare l’information overflow al quale la rete ci sottopone. Senza la fiducia saremmo paralizzati.

I Social Media s’inseriscono in questo aspetto dato che ci permettono di entrare in contatto con diverse persone a T che possono guadagnarsi nel tempo la nostra fiducia e che ci consentono di compiere scelte ottimali durante un’acquisto o la risoluzione di un problema. I Social Network quindi rappresentano uno strumento fondamentale per affrontare la complessità e i collegamenti tra persone sono l’elemento di maggior valore perché conducono a scelte ottimali.

Però la fiducia è riposta nelle persone, anzi, più precisamente amici (difficilmente ci fidiamo di qualcuno che non abbiamo mai visto) e non nei brand. Sappiamo tutti che i produttori devono vendere e questo rumore di fondo, questa consapevolezza di non potersi fidare completamente, rende vani i tentativi di relazione tra persone e marche all’interno delle varie piattaforme. Ci sono forti scambi informativi, ma una relazione è qualcosa di differente: ottenere un like non significa molto, dopotutto l’effort richiesto per schiacciare un bottone è talmente basso che non implica la voglia di entrare a contatto con il brand.

Il motivo per cui le persone fanno domande ai propri amici è dovuto anche a questo (la ricerca di un expertise) che Google non fornisce; inoltre gli informivori sono pigri (Charnov insegna che siamo portati a massimizzare qualunque cosa) e inoltre è uno strumento complicato: trovare quello che stiamo cercando su un motore di ricerca richiede una conoscenza del mezzo e la capacità di leggere i risultati.

La fiducia ci permette di vivere con la complessità che ci circonda: il problema nasce quando siamo noi gli esperti. In quel caso saremo insensibili a eventuali consigli di amici (forse anche più bravi di noi): se guardate sui forum di tecnologia vedrete che i cosiddetti heavy users non cambiano mai idea anche dopo migliaia di messaggi.

Bisogna inoltre sfatare il mito delle le persone che comprano in base ai  suggerimenti. Gli esseri umani non acquistano in base ai consigli degli amici o degli esperti: gli influencer non fanno cambiare idea e non influenzano i comportamenti. I Social Media (e tutti i media) hanno una funzione di rinforzo, nulla di più: per questo motivo è anche importante collegarsi con la giusta audience, con persone già interessate a quello che abbiamo da dire, altrimenti non succederà nulla.

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