Mia Nonna e Marchionne



Questo post ha piu' di sei mesi. Le informazioni contenute potrebbero non essere aggiornate: ultima modifica: 28.01.12
In questi giorni ho partecipato a molte discussioni (soprattutto su Friendfeed) relative a Marchionne, alla FIAT e al nuovo contratto (se volete leggerlo vi consiglio questa sintesi di Tiziano Caviglia). In modo da poter capire se quello che pensavo fosse corretto sono andato a parlare con mia Nonna.
Mia nonna ha lavorato in fabbrica dal 1970 al 1977. Era alla Eaton Nova, al reparto segmenti, e mi ha raccontato di quello che faceva, di cosa voleva dire dover produrre ogni giorno 60.000 segmenti. Mia nonna poi è rossa, ma rossa rossa, sindacalista, quindi ha sempre lottato in fabbrica e, per me, che non ho lavorato in fabbrica, è stata una discussione che mi ha fatto capire alcune cose: mi ha raccontato dei padroni che controllavano, dei colleghi che facevano i furbi e del fatto che bisognava comunque fare 60.000 segmenti, dell’olio e dello sporco fino ai gomiti e del caldo vicino alla fonderia.
Le ho chiesto cosa ne pensasse di Marchionne e del nuovo piano (io sono pro-Marchionne) e lei invece vedeva il nuovo contratto come qualcosa di terribile, mentre per me non sembrava così tremendo. La discussione è stata piuttosto accesa, ma bellissima per entrambi. Innanzitutto ha detto che quello di Marchionne è un ricatto: doveva stare zitto. Poi, se vinceva il no, andare in Canada, ma parlare e porsi in questo modo secondo lei (ed anche secondo me) è stato profondamente sbagliato.

Mi ha raccontato della FIAT negli anni 70 e di quale sia secondo lei il problema di cui parlavano già allora: della riconversione. I problemi principali, secondo lei, sono dovuti al fatto che non è stata fatta innovazione; su questo punto ci siamo trovati perfettamente d’accordo (in Italia nessuno vuole fare davvero innovazione, mantenere lo status quo è molto più semplice soprattutto per la classe politica).
Io sostengo la linea Marchionne perché ho letto che il nuovo contratto, come orario, è in linea con quanto avviene già in Germania e in USA. Mia Nonna ha detto che è sbagliato pensare che noi siamo Tedeschi o Americani e questo è stato il punto su cui siamo rimasti più lontani. Secondo me, infatti, non possiamo permetterci di rimanere Italiani dal momento che la competizione è mondiale, ma dobbiamo allinearci agli altri paesi (evitando gli eccessi di alcuni paesi asiatici dove i diritti non esistono) mentre lei diceva che con il costo del lavoro in Italia questo non è possibile.
A questo punto però le ho chiesto di chi fosse la colpa se il costo del lavoro fosse così alto? Io le ho detto che non è colpa né responsabilità della FIAT se da noi produrre costa di più che in altri paesi europei e la risposta è stata della Politica (secondo me la grande assente). Secondo lei Marchionne e i Sindacati avrebbero dovuto allearsi per combattere contro lo Stato, il vero responsabile per aver reso il paese immobile, poco interessante per le multinazionali ed incapace di attirare ricchezza e talenti dall’estero.
Alla fine le ho chiesto lei quante pause facesse: faceva i turni e, durante il giorno aveva due pause da 15 minuti, una alle 10 ed una alle 16, per un totale di 30 minuti. Inoltre c’era la pausa pranzo da 40 minuti alle 12. Quando le ho detto che nel nuovo contratto ci sono tre pause da 10 minuti (che in totale fa 30 minuti, come faceva lei) ci sono stati alcuni minuti di silenzio: si tratta di un ritorno al passato, ma non di qualcosa di insostenibile. Ho pensato che sicuramente si perde qualcosa (nel vecchio contratto gli operai avevano 40 minuti di pausa, ma i 10 che gli vengono tolti vengono aggiunti in busta paga a 32€), ma che nella situazione di stasi e con la crisi forse non ci possiamo permettere quei 10 minuti.
Alla fine ho capito che sicuramente non è semplice, ma che forse, tornare al passato non è così drammatico e che da un lato Marchionne fa il suo lavoro (forse parlando troppo) cercando le condizioni migliori per produrre, il Sindacato il suo, cercando di tutelare il più possibile (secondo me in maniera eccessiva) gli operai, ma che il vero grande assente è lo Stato, incapace di mediare, di prendere una posizione, di rendere il nostro paese un posto in cui lavorare.

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