Due parole su Buzzoole



Questo post ha piu' di sei mesi. Le informazioni contenute potrebbero non essere aggiornate: ultima modifica: 7.12.15

In questi giorni ho letto l’ennesimo post relativo a Influencer Marketing e l’etica della persuasione commerciale: in teoria nulla di nuovo sotto il sole, ma sinceramente credo che sia il caso di fare un po’ di ordine e chiamare le cose con il loro nome. Se ti pago per partecipare a una campagna di comunicazione è ADV e come tale andrebbe dichiarato.

Prima di parlare del perché le attività di Buzzoole siano da considerarsi come pubblicitarie vorrei fare alcune premesse:

  • credo che i marketplace di influencer siano uno strumento ottimale per alcune attività;
  • pagare qualcuno per parlare di prodotti non è sbagliato, anzi, è una cosa assolutamente legittima;
  • capisco perché non si voglia che le persone dichiarino di essere state pagate per parlare di un prodotto/servizio;
  • detesto quando si confondono PR con Sponsored o Branded Content o Native Advertising;
  • detesto le operazioni “organiche a pagamento” per il principio di non contraddizione;

Per cui senza troppi indugi andiamo a vedere del perché a mio avviso si dovrebbe parlare di pubblicità (e dato che si tratta di comunicazione commerciale andrebbe dichiarata).

Cosa fa Buzzoole? In estrema sintesi si tratta di un marketplace dove le aziende propongono campagne di comunicazione sui Social Media e gli Influencer selezionati possono decidere di partecipare e, a valle della partecipazione, ricevere un riconoscimento economico.

La parte che ci interessa è la seconda: gli utenti (utilizzati come media) che si attengono al brief ricevono dei crediti buzzoole che possono essere convertiti in buoni Amazon.

conversione crediti buzzoole

Per cui facendo qualche semplice equivalenza si vede che un credito virtuale Buzzoole oscilla tra i 0,30€ e gli 0,40€ (a seconda di quando converti). Quindi un utente che partecipa ad una campagna con 50 crediti come reward si troverebbe in mano 15 € da spendere su Amazon (che se non erro è un riconoscimento economico).

reward campagna buzzoole

Per cui a una persona viene assegnato:

  • un committente (che di solito è associato a un lavoro)
  • un brief (che di solito è associato a un lavoro)
  • un target (che di solito è associato a un lavoro)
  • una tempistica (che di solito è associato a un lavoro)
  • un riconoscimento economico (che di solito è associato a un lavoro)

esempio campagna buzzoole

In alcuni casi può esserci anche la richiesta esplicita di NON parlare della campagna (perché se no è evidente che non si tratta di un’attività organica).

esempio campagna privata

Sfortunatamente in molti casi nei brief vengono definiti esattamente gli update e gli orari in cui pubblicarli: di conseguenza è abbastanza semplice individuarli.

Ripetiamo insieme: con il riconoscimento economico ci troviamo davanti a una comunicazione di carattere commerciale e come tale andrebbe dichiarata.

In paesi più civili del nostro questo tipo di attività vengono sanzionate: uno dei primi casi è in Uk nel 2012. Un giocatore di calcio pubblica un tweet dove parla di una iniziativa della Nike senza esplicitare che si tratta di comunicazione commerciale: l’ASA (Advertising Standards Authority) blocca la campagna. Fine.

Da noi purtroppo questo non avviene per diverse ragioni e soprattutto per la confusione che regna, ma che possiamo dissipare con un breve vademecum:

  • PR: non si viene pagati, le aziende invitano, gli utenti scelgono se pubblicare o scrivere

  • Branded Content – Sponsored Content – Native Advertising: si viene pagati, si pubblica

Per cui vorrei ribadire una cosa: non c’è nulla di male nel pagare le persone per parlare del proprio prodotto o servizio. Si tratta di uno strumento legittimo che può rientrare in una strategia precisa e che può essere affiancato ad altri strumenti di medio e lungo periodo.

Trovo fastidioso che si cerchi di fare organico a pagamento e che si confondano le attività, anche se è lampante il motivo: dichiarare che si riceve un compenso o un riconoscimento per parlare di un prodotto diminuirebbe la credibilità dell’update stesso.

Ma continuando a mescolare update sponsorizzati con attività spontanee purtroppo ha come unico effetto di minare la credibilità del settore stesso perché le persone faranno sempre più fatica a capire se si trovano davanti a qualcosa di cui l’utente vuole parlare o di cui parla perché riceve un compenso e non lo sta dichiarando (quante accuse di marketta leggiamo sotto i post? E quante sono vere marchette e quante invece sono reali?).

Spero in un futuro ricco di disclaimer e trasparenza (non dico di fare papiri: #adv o #ad portano via un paio di caratteri in un tweet)

Featured image: Photo by Rob Lee – http://flic.kr/p/cNdyo

3 replies
  1. Edoardo Bolzani
    Edoardo Bolzani says:

    Salve Piero, sono assolutamente d’accordo con questo articolo e volevo chiederti un consiglio : stiamo lanciando una piattaforma abbastanza simile a Buzzoole ma che si differenzia perchè dice chiaramente che vuole PAGARE gli Influencer con SOLDI, non con Punti! Il nostro concetto è : le aziende Advertiser vogliono pagare e molti Influencer vogliono essere pagati! Ti chiedo qual’è il modo migliore di farlo? Io pensavo di mettere in ogni post dei nostri Influencer la scritta “Sponsored Content”. Tu che ne pensi? Grazie in anticipo. Saluti

    Reply
    • pierotaglia
      pierotaglia says:

      Buongiorno Edoardo: mettendo quella dicitura (o anche un hashatg tipo #sponsored o #adv per brevità) sarebbe perfetto (nel caso avrete il mio endorsement completo 🙂 )

      Reply

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